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I

Febbraio 23 2006 | Scacchi strategia


I – Sviluppo dei pezzi e perdita di tempi


Molti di voi sapranno già che la partita suole dividersi in tre fasi ben distinte: apertura, mediogioco e finale. L’apertura è caratterizzata dallo “sviluppo” dei pezzi. Tengo qui a sottolineare un primo concetto non spiegato a sufficienza in molti manuali. Per sviluppo non si intende il semplice spostamento dei pezzi dalle loro case iniziali, piuttosto conferire ad essi una funzione. E’ ovvio che di norma per conferire ad un pezzo una funzione occorre muoverlo, ma non di necessità.
Ogni manuale illustra invece a dovere l’importanza del centro: per rendersi conto di quanto sia importante occupare con i pezzi le case centrali basta riflettere che, per esempio, un Cavallo posto in una delle quattro case centrali può andare in una casa d’angolo in due o tre mosse mentre un Cavallo posto in una casa d’angolo impiega per andare in un’altra casa d’angolo cinque o sei mosse. Chi ha i pezzi raggruppati nella zona centrale può spostare in men che non si dica forze ingenti in ogni parte della scacchiera.
E’ ovvio che non è facile occupare il centro con i pezzi; i pezzi sono facilmente scacciabili dai pedoni e finché ci sono pedoni arretrati questa operazione è impossibile. Nella fase iniziale della partita si assiste allora ad una lotta per lo spazio centrale. Di solito i giocatori spingono al centro i pedoni in modo da sviluppare indisturbati i propri pezzi nelle retrovie oppure lasciano all’avversario la possibilità di occuparlo con i pedoni per poi minarlo con spinte oculate.
Tipiche difese che contemplano questa strategia sono la Alekhine e la Grünfeld. Vediamo le prime mosse di entrambe:

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In queste difese il Bianco è teso a comprimere l’avversario e a sfruttare il vantaggio di spazio; il Nero lavora ai fianchi per minare la struttura di pedoni nemica. Se ci riesce il crollo del centro ha di solito effetti dirompenti perché potrà essere occupato da pezzi che non potranno essere in alcun modo scacciati. “Ogni spinta di pedone crea una debolezza” ammoniva Steinitz.
Un altro elemento da tener presente è la velocità di mobilitazione delle forze. Negli scacchi non si esce con un pezzo per fare azioni dimostrative, saggiare la reazione del nemico e agire di conseguenza, non se ne avrebbe il tempo! Si mobilitano invece le forze prima possibile. Per fare questo si deve evitare di muovere senza necessità lo stesso pezzo in apertura (andare in due mosse in una casa in cui si può andare in una si dice “perdere un tempo”).
Per sapere nelle prime mosse d’apertura chi è in vantaggio di sviluppo c’è un metodo molto semplice: fare la conta dei pezzi sviluppati. Si sa che il Bianco, avendo la prima mossa, è in vantaggio. In linea generale dovrebbe riuscire a terminare la mobilitazione delle forze prima del Nero.
Ammettiamo che le prime mosse di una partita siano 1.e3 e5 2.e4 e si noti che la stessa posizione si ottiene dopo 1.e4 e5 ma con la mossa al Bianco. Nel caso in esame è invece il Nero che può completare lo sviluppo per primo e dopo 2… Cf6 egli ha già un pezzo sviluppato contro nessuno del Bianco. In altre parole è bastato un solo tempo perso per far passare il vantaggio (lieve quanto si vuole ma innegabile) dal Bianco al Nero.
Per capire meglio questo concetto vediamo due esempi tratti dalla teoria delle aperture.

La gravità della perdita di tempi non è costante ma dipende dal carattere della posizione; se è chiusa, intendendo con questo termine posizioni dove catene di pedoni dividono i due schieramenti, tale perdita è meno grave. Nelle posizioni “chiuse” si assiste spesso a manovre interne tese a portare i pezzi a contatto con i punti deboli dell’avversario (gioco posizionale). Ne consegue che se un giocatore si trova in vantaggio di sviluppo (caso tipico è quello di averlo già completato mentre l’avversario ha ancora qualche mossa prima di poter arroccare) allora deve aprire il gioco cambiando pedoni a tutta forza, specie se centrali. Quanto più il vantaggio di sviluppo è marcato tanto più è opportuno aprire le linee anche a costo di sacrificare materiale. La forza d’urto della guerra lampo era già nota agli scacchisti prima che Hitler nascesse!
Per finire vediamo una partita giustamente celebre in cui Paul Morphy, mettendo in pratica questi semplici principi, acquisisce in poche mosse un vantaggio decisivo e chiude con una combinazione brillante.


 

Come questa partita dimostra la combinazione è la naturale conclusione di una partita vinta innanzitutto dal punto di vista strategico. A Morphy bastava applicare semplici concetti quali lo sviluppo e il guadagno dei tempi, contro avversari che non li conoscevano ancora, per terminare la partita con combinazioni spettacolari. La superiorità di Morphy non risiedeva nella tattica, come si credette a lungo, ma nella strategia; la tattica non fu che un inevitabile corollario di questa superiorità strategica.

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