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Lev Tolstoi

LEV TOLSTOI

 

Anche gli scacchisti hanno un cuore e sono orgogliosi quando dei grandi personaggi (geni dell’arte, filosofi, uomini pubblici amati dai concittadini) prediligono e praticano il nobile gioco degli scacchi.
Questo è il caso di Leone Tolstoi, uno dei più famosi scrittori del secolo scorso, autore di “Anna Karenina” e di “Guerra e Pace”, pensatore e filantropo eccelso (sua la citazione: “L’unico senso della vita è di servire l’umanità”), appassionato di scacchi durante tutta la sua lunga vita.

 

 


 

Ci accompagna una musica tradizionale russa, la celebre Kalinka, che Tolstoi, legato al popolo ed alla civiltà contadina, avrebbe certo apprezzato.

 

 

 

Il giovane conte Tolstoi (1828-1910) aveva imparato a giocare a scacchi a 17 anni alla facoltà di Filosofia.
L’autore de “La sonata a Kreutzer”, che alla fine della sua vita offrì di sé un’immagine di apostolo della virtù, ha evocato nelle sue memorie la sua vita di studente: duelli, orge e giochi d’azzardo.
Colui di cui Gorkij dirà “Nei suoi occhi egli possiede cento occhi” divenne eccellente negli scacchi, dove dava sfogo alla sua possente immaginazione; ufficiale durante la guerra d’Oriente gli capitava di eclissarsi dal suo posto per andare in una taverna a giocare e fu persino degradato per questo.

Quando ci dedichiamo alla battaglia fra bianco e nero sulle 64 caselle degli scacchi, il nostro pensiero talvolta corre all’immortale romanzo di Tolstoi “Guerra e Pace”, che narra il terribile scontro (avanzate, sacrifici, arrocco) di Napoleone sullo scacchiere della steppa russa contro il geniale generale Kutusov.

Ecco due citazioni di questo celebre, monumentale racconto, dedicate al “Nobile Gioco”:
 

 

“Un buon giocatore di scacchi che abbia perso una partita è sinceramente convinto che la sconfitta sia stata provocata da un suo errore e cerca di scoprire questo errore nella parte iniziale della partita. Dimenticando, però, che in ciascuna delle mosse che ha giocato nel corso della partita vi sono stati errori simili. E che nessuna delle sue mosse è stata veramente perfetta. L’errore, su cui la sua attenzione si ferma, gli sembra fatale soltanto perché l’avversario ne ha tratto profitto. Ebbene, molto più complicato di questo è il gioco della guerra, che si svolge in certe determinate circostanze di tempo e nel quale non c’è una volontà singola che diriga gli strumenti inanimati, ma tutto deriva da un infinito interferire di diversi e liberi voleri.”


 

“Eppure, – ribattè Pierre – comunemente si dice che la guerra sia simile ad una partita a scacchi.
Sì, – confermò il principe Andrej – ma con questa piccola differenza: che, giocando a scacchi, su ogni mossa tu puoi pensare a piacimento, giacché non ti trovi, in quel caso, condizionato dal tempo; non solo, ma anche con la differenza che un cavallo è sempre più forte di un pedone e due pedoni sempre più forti di uno solo; mentre in guerra un battaglione, a volte, può essere più forte di una divisione, a volte più debole di una compagnia. E non c’è nessuno che possa conoscere la forza che un contingente di truppe ha in relazione al momento.”

 

 


 

 


 

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