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Napoli: sole, spaghetti, scacchi

NAPOLI: SOLE, SPAGHETTI, SCACCHI

 

 

1) AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI I PIÙ ANTICHI SCACCHI D’ITALIA

Un ritrovamento del 1935 nella cittadina di Venafro ha causato non poco sconcerto nel mondo scientifico. In una necropoli romana furono scoperti alcuni pezzi intarsiati d’osso che riproducevano senza dubbio delle figurine di scacchi!
Alcuni studiosi fecero risalire i pezzi al secondo secolo, quando i legionari romani di ritorno dall’oriente li avrebbero riportati dalla Persia, ove gli scacchi erano già in voga. Si tratterebbe dunque del famoso “latrunculorum lusus” (gioco dei soldati), diffusissimo nell’antichità e che sarebbe una variante degli scacchi giocata con i dadi. Altri specialisti inglesi invece hanno fatto datare questi pezzi intorno al 980 D.C. , in un’epoca cioè quando il gioco venne introdotto in Europa dagli Arabi. Fatto sta comunque che il museo partenopeo custodisce i più antichi scacchi italiani… All’ombra del Vesuvio re, regine, torri e pedoni fanno bella mostra di se e ci confermano che nel nostro Paese il “Nobil Gioco” esiste da oltre un millennio!

 

 


 

 

 

2) IL MIRACOLO DI SEVERINO, MEDICO E SCACCHISTA ILLUSTRE

Marco Aurelio Severino (1580-1656) fu un eccellente chirurgo, un umanista raffinato ed un buon scacchista.
Visse i suoi ultimi anni a Napoli e si conquistò grande fama nella metropoli partenopea. Scrisse due opere di filosofia degli scacchi “Dell’antica Pettia” (vedi a lato) che furono pubblicate postume, dopo la sua morte di peste. Egli definì gli scacchi: “Non dico gioco, ma miracolo”.
Il volume “Dell’antica Pettia, ovvero che Palamede non è stato l’inventore degli scacchi” è conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli.

 


 


 

3) PAOLO BOI E LA PARTITA CON IL DIAVOLO

La vita di questo grande giocatore, uno dei più validi “professionisti” di scacchi del 16° secolo, è un vero romanzo. Già nella prima giovinezza, abbandonati gli studi classici perchè appassionatosi al gioco, cominciò un andirivieni fra i prìncipi italiani, che patrocinavano il gioco; incontrò anche Caterina de’ Medici ed il papa Pio V.
Una volta gli accadde di giocare una partita con uno sconosciuto che, quando si raggiunse sulla scacchiera la posizione che vedete a lato, fuggì inorridito… I pezzi avevano disegnato la croce e l’avversario era (si dice) addirittura il Diavolo! Da quel giorno Paolo, da buon residente napoletano, giocò sempre con le tasche piene di talismani.
Visitò le corti reali di Spagna e Portogallo ed al suo ritorno in Italia la sua tartana venne catturata dai corsari di Algeri. Fu venduto come schiavo ad un Turco e gli fece vincere un sacco di scudi giocando a scacchi per suo conto. Alla fine si ricomprò la libertà assieme a 2000 zecchini.
Paolo si stabilì a Napoli, dove trovava abbastanza gentiluomini da “spennare” pur concedendo loro il vantaggio della prima mossa ed un pedone. A settant’anni, ancora gagliardo ed elegante, fu avvelenato pare per soldi o per gelosia. Venne seppellito nella chiesa di San Luigi presso il palazzo del Re (il che, per uno scacchista, è il massimo onore).

 

 


 

 

 


 

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