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Ajedrez (scacchi) latinos: saludos amigos!

AJEDREZ (SCACCHI) LATINOS: SALUDOS AMIGOS!
 

Quella che state ascoltando è la canzone ideale per accompagnare i francobolli scacchistici “latinos”. Si tratta infatti di una “guajira guantanamera”, che vuol dire canzone popolare di Guantanamo, cantata dalla cubana Celia Cruz a ritmo di salsa.
I benpensanti ed i potenti della Terra che la canticchiano forse non sanno che si tratta di una composizione libertaria e rivoluzionaria, basata su di un poema di Josè Marti, il famoso patriota nato all’Avana e morto in guerra contro i colonialisti all’età di 43 anni. In più il riferimento a Guantanamo ci fa tornare in mente la vergogna del gulag che gli Americani hanno creato in questo lembo di Cuba che essi detengono in virtù di un contratto di affitto stipulato nel 1903 dal presidente cubano Palma (che era cittadino americano) per i rifornimenti di carbone, affitto contestato dai cubani, e su cui gli USA hanno costruito una base ed ora un carcere tristemente famosi.

 

Riportiamo di seguito il testo in spagnolo con la traduzione originale del nostro redattore.
     
Guantanamera, guajira guantanamera,
Guantanamera, guajira guantanamera.

Yo soy un hombre sincero
De donde crece la palma
Y antes de morirme quiero
Echar mis versos del alma.

Cultivo la rosa blanca
En julio como en enero
Para el amigo sincero
Que me da su mano franca.

Mi verso es de un verde claro
Y de un carmín encendido,
Mi verso es un ciervo herido,
Que busca del monte amparo.

Y para el cruel que me arranca
El corazón con que vivo
Cardo ni ortiga cultivo:
Cultivo la rosa blanca.

Yo sé de un pesar profundo
Entre las penas sin nombres:
La esclavitud de los hombres
Es la gran pena del mundo.

Con los pobres de la tierra
Quiero yo mi suerte echar,
El arroyo de la sierra
Me complace más que el mar.

  Guantanamera, canzone guantanamera,
Guantanamera, canzone guantanamera.

Io sono un uomo sincero
di dove la palma è in fiore,
finchè non muoio io spero
cantar la poesia del mio cuore.

Coltivo una rosa bianca
da giugno a gennaio davvero
per un amico sincero
che m’offre la sua mano franca.

Il mio verso è verde chiaro
e di un acceso rosso,
il verso è un cervo percosso
che sul monte cerca riparo.

E al crudele che m’abbranca
il cuore con cui vivo
cardo e ortica non coltivo,
coltivo una rosa bianca.

So di un soffrir profondo
che un nome non ha più,
l’umana schiavitù
è la gran pena del mondo.

Fra i poveri della terra
col mio destino voglio stare,
Il ruscello della sierra
m’incanta più del mare.

 


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